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LA MIA VITA LA DEDICO A MIO FRATELLO GIOVANNI SEMPRE NEL MIO CUORE

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Non sono gli Esercizi che fanno migliorare un giocatore, sono i Giocatori che fanno migliorare un Esercizio. RL

domenica 24 febbraio 2013

L’ALLENATORE DI SETTORE GIOVANILE



Oltre a dover essere un profondo conoscitore della materia calcistica, deve avere anche l’atteggiamento mentale giusto per tentare di ottenere il massimo dai propri calciatori.
Per questo osserverà con scrupolo ed intelligenza i seguenti principi di gestione:
Consapevolezza:
per il giovane calciatore è utile sapere e serve per migliorarsi quando facciamo una cosa (esercizio, situazione) spiegare sempre perché, i fini e le modalità.
Partecipazione attiva:
interessare il giocatore all'allenamento; la motivazione e la chiave dell'apprendimento
l'allenatore deve agire sulla base del consenso del gruppo.


Metodicità: (principio)
bisogna avere un metodo per lavorare (breve, medio, lungo termine)  il lavoro sfrutta quello precedente ed è base per quello di dopo; procurarsi un diario per presenze, assenze, motivi, ed esercitazioni. Il diario serve per progredire (dialogo con se stessi)
Varietà e molteplicità:
avere svariati esercizi per la stessa finalità aumenta il bagaglio del calciatore ed evita la saturazione che ripetendo le stesse cose l'allenamento diventa passivo e non attivo perchè il giocatore sa cosa l'aspetta e diminuisce l'attenzione.
Principio della semplicità e chiarezza:
l'allenatore deve usare un linguaggio comprensibile e diretto.
Considerato che la massima attenzione del gruppo dura solo pochi minuti e poi tende a  decrescere  usare la regola delle 3 "C"  ovvero:CHIARO-COMPLETO-CONCISO.

Principio dell'evidenza:
il mezzo più chiaro è l'imitazione,  bisogna far vedere il gesto tecnico,
fare vedere è sempre meglio che solo parlare.
Principio dell'adattamento:
conoscere la capacità e la reazione dei calciatori, qualsiasi proposta di esercitazione tecnica, tattica, di personalità deve tener conto delle capacità e delle condizioni del momento dei calciatori.

Fattori pertinenti all’apprendimento motorio e alla prestazione:
- CHI;
- DOVE;
- CHE COSA;
- COME

Apprendimento motorio e prestazione
Il soggetto che è destinatario dell’azione didattica (CHI?)
Il contesto nel quale deve essere eseguito il movimento (DOVE?)
Il compito da apprendere da parte del soggetto (CHE COSA?)
Le strategie di insegnamento attuate dal docente (COME?)


LA PROGRAMMAZIONE DEL LAVORO
Può essere definita come una serie di operazioni fondamentali che vengono eseguite per individuare le varie fasi di un’azione didattica che sia verificabile, migliorabile, perché collaudata sulla base di un progetto realizzato, ma non riproducibile poiché i soggetti dell’insegnamento, quindi gli atleti, le condizioni e  l’allenatore stesso, sono sempre differenti e variabili.

SI COMPONE DELLE SEGUENTI FASI:

• analisi della situazione iniziale;
• definizione degli obiettivi;
• scelta delle strategie per raggiungerli;
• realizzazione – contenuti;
• valutazione con finalità di controllo.

IL CLIMA EDUCATIVO: comunicazione, interazione, empatia,

•             Incoraggiare ad essere attivi;
•             Favorire la natura personale dell’apprendimento;
•             Ammettere l’idea che essere differenti è cosa accettabile;
•             Riconoscere e tollerare l’errore;
•             Incoraggiare la fiducia in sé;
•             Dare la sicurezza di essere rispettati ed accettati;
•             Facilitare la scoperta e l’elaborazione individuale;
•             Porre l’accento sull’autovalutazione.


L’INSEGNAMENTO DELLA TECNICA
La formazione della tecnica individuale passa attraverso le seguenti fasi:
– educazione delle capacità di base;
– strutturazione delle abilità;
–  sviluppo e perfezionamento dell'esecuzione   tecnica;
– consolidamento della tecnica.
All’interno di ogni fase devono essere previsti dei momenti in cui si apprendono e perfezionano le abilità previste sempre in collegamento con la situazione di gioco che deve corrispondere al livello di capacità degli allievi.
• Ogni singola abilità deve essere considerata come la somma di singole microfasi di uguale importanza.
• All’interno di ogni movimento occorre definire delle gerarchie delle fasi che lo compongono allo scopo di permettere la definizione di una corretta sequenza didattica.
• Nei giochi sportivi occorre ricordare che l’attività proposta deve quasi sempre contenere dei problemi da risolvere.
• Al progredire delle abilità individuali le informazioni vanno differenziate ed arricchite nei dettagli.

ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ PRATICHE FINALIZZATE ALL’APPRENDIMENTO
• numero elevato di ripetizioni;
• variabilità delle proposte;
• strategie d’intervento tipo problem-solving;
• la pratica variata  è molto vantaggiosa negli obiettivi a lunga scadenza.
Variare le condizioni è indispensabile per le discipline open in cui il gesto tecnico richiede continui aggiustamenti a situazioni mutevoli.

VARIABILITÀ DELLA PROPOSTA
•             Distanza
•             Velocità
•             Parabola
•             Traiettoria
•             Presenza avversario
•             Numero avversari
•             Spazio d’azione
•             Dimensioni della palla
•             Peso della palla
•             Fate funzionare la fantasia

L’INSEGNAMENTO DELLA TATTICA
La capacità di giocare sottintende, oltre alla padronanza delle tecniche specifiche, una serie di capacità che devono essere sviluppate allo scopo di permettere al giocatore di risolvere le varie situazioni di gioco.

QUESTE CAPACITÀ POSSONO ESSERE COSÌ SINTETIZZATE:
• conoscere, orientarsi e operare nel campo di gioco;
• saper difendere – saper marcare;
• saper attaccare – saper smarcarsi;
• essere disponibile a collaborare con i compagni;
• saper cooperare con i compagni;
• saper aiutare i compagni;
• saper comunicare con i compagni

PROGRESSIONE DIDATTICA
•             Dal conosciuto all’ignoto;
•             Dal facile al difficile;
•             Dal semplice al complesso;
•             Dalla situazione al gioco

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