mercoledì 2 novembre 2011
QUESTIONE DI METODO
Vorrei innanzitutto richiamare l’attenzione sul fatto che molti in Italia sono concordi nel sostenere che il livello del gioco del calcio stia progressivamente peggiorando. La causa principale risiede, a mio avviso, nella rinuncia, da parte di molti allenatori, ad effettuare coi ragazzi un serio lavoro sui fondamentali di base già nelle fasi iniziali della preparazione calcistica, in favore di tendenze che privilegiano la componente ludica, la preparazione fisica e la ricerca di giocatori talentuosi.
A tal proposito cito opinioni autorevoli, rispettivamente di Pierluigi Busatta e di Bruno Bolchi, i quali affermano che ad oggi “non si trova il tempo, né si ha la voglia, o peggio, la capacità per far crescere i ragazzi, per prepararli al compito che saranno chiamati ad affrontare”: e che “gli allenatori dei settori giovanili da una quindicina di stagioni hanno quasi tutti sposato le nuove idee abbandonando l’insegnamento della tecnica”. Durante il convegno “Psicomotricità in scena. Milano 2000”, si è inoltre affermato che “l’atmosfera ludica non può e non deve ledere la componente tecnica dell’intervento educativo, ma deve rinforzarla”.
Ciò che si nota è una crescente confusione tra specializzazione precoce e istruzione tecnica che ha portato sostanzialmente all’abbandono dell’insegnamento di abilità motorie e coordinazioni specifiche. Non solo: si nota una prevalenza del metodo induttivo su quello deduttivo, ossia la tendenza degli allenatori a spingere i ragazzi a trovare da soli le soluzioni, senza insegnare loro come coordinarsi, quali movimenti fare, quali punti d’impatto del piede utilizzare per colpire la palla, senza essere loro a dedurre dalla propria formazione di base il sistema per risolvere le situazioni.
Emerge oggi nel mondo del calcio la necessità di maestri appassionati, d’istruttori capaci d’indicare ai ragazzi una direzione, applicando un metodo d’insegnamento che li prepari nei fondamentali e che faccia emergere il talento di ciascuno: un metodo in grado di rispondere a domande concrete che nascono dalle diverse situazioni e che chiarisca la ragione d’ogni singolo movimento e gesto. È necessario recuperare la capacità d’insegnare la tecnica calcistica e farla apprendere correttamente.
Il fatto è che molti allenatori sono disorientati e non sanno né insegnare né addirittura come si calcia correttamente, ignorando quali siano i fondamentali di base, i movimenti individuali e di collaborazione, quali schemi si formino nella loro attuazione e come si possano comporre. Semplici domande restano senza risposta, ad esempio: qual è il giusto punto d’impatto per l’interno del piede, l’incavo o la caviglia interna sotto il malleolo? È corretta la conduzione in avanti della palla con l’esterno del piede? Il collo pieno è un fondamentale di base o piuttosto un tiro pericoloso che può creare traumi alle dita e distorsione della caviglia? Qual è il punto d’impatto per tirare d’interno collo e qual è la didattica per insegnarlo correttamente?
Un livello ulteriore si delinea poi se parliamo di tecnica applicata (tattica individuale), laddove si aprono questioni ancora più rilevanti e dibattute: come ci si muove in campo e come ci si smarca con i compagni? Quali e quanti sono i tipi di smarcamento? Come si assimila la geometria per capire zone-luce e zone-ombra? Come si fa ad essere creativi muovendosi in campo senza inventarsi tutto ogni volta? A tutte queste domande occorre dare risposte concrete mediante un metodo d’insegnamento che dia certezze e che non privilegi un aspetto particolare della realtà in sfavore di un altro.
Il metodo dei movimenti fondamentali
Opinioni come quelle di Busatta e Bolchi rappresentano a mio avviso una provocazione costruttiva che dovrebbe interessare tutti coloro che amano questo sport e in particolare gli allenatori dei settori giovanili appassionati al loro mestiere che hanno invece qualcosa da insegnare. In me – che ritengo di far parte di questo gruppo – è stata la presa di coscienza di ciò che è oggi il calcio italiano nella pratica sul campo a far scattare la molla che mi ha indotto a ricercare e sviluppare negli anni un vero e proprio metodo d’insegnamento del gioco del calcio. In vent’anni di studio e lavoro sul campo è nato il metodo dei movimenti fondamentali (mf): un metodo che parte dall’osservazione dell’esperienza e che per questo mira a non eliminare nessun fattore in gioco, quindi neanche la tecnica.
Tecnica che, al contrario, rappresenta in realtà il fulcro del metodo mf, ma in modo nuovo e adeguato alle esigenze di velocità, potenza e precisione che caratterizzano il mondo del calcio oggi. Ho sviluppato di conseguenza schemi teorici ed esercitazioni pratiche di tecnica in movimento, ovvero di tecnica applicata in situazione di gioco.
Per tecnica in movimento s’intende l’utilizzo dei fondamentali di base per risolvere dinamicamente la situazione concreta con un’esecuzione rigorosamente tecnica, in considerazione del fatto che, a causa del continuo mutare delle condizioni di gioco, e in particolare del costante pressing degli avversari, il giocatore è costretto ad effettuare, da solo o con i compagni, continui cambi di direzione e di coordinazione. Ne consegue che a ciascun fondamentale di base deve corrispondere un movimento preliminare.
Ecco dunque come definire i movimenti fondamentali del gioco del calcio: essi rappresentano movimenti complessivi formati da un movimento preliminare (tattico) e da un fondamentale di base (gesto tecnico dato da coordinazione-esecuzione) e sono riconducibili a cinque movimenti fondamentali individuali (mfi) e cinque movimenti fondamentali di collaborazione (mfc).
I mfi sono i movimenti che il giocatore fa quando, per evitare un avversario, cambia direzione e si differenziano a seconda del tipo di fondamentale di base utilizzato – nell’ordine: piatto, interno collo, esterno collo, pianta del piede– dando luogo rispettivamente a:
1. avanti e indietro
2. andare a destra
3. andare a sinistra
4. tutto a destra/tutto a sinistra
5. tirare indietro.
I mfc sono movimenti che il giocatore deve necessariamente fare insieme ai compagni per collaborare con loro e che danno luogo dinamicamente agli schemi fondamentali, ovvero alla modellizzazione geometrica di tutto il gioco. Con l’applicazione dei mfc
1. corsa parallela
2. incrocio
3. treccia
4. sovrapposizione
5. uno-due
si assimilano le modalità per smarcarsi in precise zone-luce con esercitazioni che valorizzano le capacità individuali con le abilità motorie specifiche (passaggio, smarcamento, ricezione in successione).
I movimenti fondamentali sopraelencati costituiscono le ‘note musicali’ del gioco del calcio, poiché sono il fondamento di tutta la tecnica applicata in situazione di gioco e sono legati tra loro da nessi precisi che riconducono tutta la geometria a un comune denominatore.
Una preoccupazione educativa
Vorrei ora spiegare perché il metodo dei movimenti fondamentali, così come ogni proposta autenticamente nata dall’osservazione della realtà, è un tentativo d’indicare chiaramente ai ragazzi una direzione per sviluppare le capacità tecnico-tattiche e far emergere il talento.
Innanzitutto, se il metodo non trascura l’insegnamento della tecnica, significa che viene recuperata la capacità di trasmettere la tradizione sulla quale si fonda il gioco del calcio così come è nato in origine, senza aggiungere artifici; in secondo luogo, le esercitazioni specifiche del metodo, che rispecchiano situazioni reali che avvengono normalmente in partita, portano all’effettivo miglioramento tecnico-tattico individuale e collettivo. Così si sviluppano naturalmente gli schemi motori più importanti, ovvero correre e calciare, rispettando i tempi d’apprendimento di ogni allievo.
I giovani calciatori debbono essere messi in condizione di condurre, trasmettere e ricevere la palla con entrambi i piedi, con specifici punti d’impatto e precise modalità d’attuazione, debbono saper eseguire tutti i movimenti in velocità, con precisione, effettuare gesti tecnici rapidi sapendo differenziare la potenza e collaborare con cognizione e consapevolezza.
Il metodo dei mf è inoltre caratterizzato da una grande semplicità didattica, data dalla modellizzazione d’ogni movimento: da questo punto di vista la pratica sul campo è fondamentale perché, insieme a spiegazioni e chiare dimostrazioni, facilita ogni tipo di allievo, dal bambino piccolissimo al professionista.
La conoscenza della geometria del gioco permette poi di simulare situazioni, di comporre i movimenti o di scinderli e verificare oggettivamente il lavoro svolto. Gli allenatori e gli istruttori hanno una base concreta per il corretto insegnamento-apprendimento di tutti i movimenti che servono per giocare e debbono trasmetterla gradualmente ai ragazzi, avendo cura d’insegnare innanzitutto i movimenti e solo successivamente inserire la difficoltà della velocità d’esecuzione. Con l’applicazione della tecnica, infatti, non si può andare più veloci delle proprie possibilità, perché si sbaglierebbe l’esecuzione.
Il lavoro dell’istruttore dev’essere infine guidato da una preoccupazione educativa essenziale: alla competenza tecnica d’alto livello deve accompagnarsi il rispetto per i tempi d’apprendimento di ciascun allievo. I ragazzi vengono così impostati correttamente, imparano a muoversi in tutte le direzioni, utilizzano entrambi i piedi con sicurezza esecutiva e velocità, con geometrie precise e visione strategica del gioco: ma è altresì vero che solo la pazienza, la passione per la crescita dei propri allievi, all’interno di un lavoro serio e continuativo, possono far emergere le qualità individuali.
Per questo sarebbe opportuno un confronto – anche sul campo – con tutti gli allenatori mossi dalla stessa passione pedagogica per definire metodo, regole e soprattutto le esercitazioni specifiche per valutare l’insegnamento-apprendimento della tecnica calcistica.
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